LAVORARE SUI “PROBLEMI COMPORTAMENTALI”

Come risolvere i problemi legati a comportamenti “socialmente inadatti” del cane

Il lavoro dell’educatore è educare la famiglia

Il lavoro di un buon educatore/istruttore cinofilo è educare la famiglia che vive con il cane, non educare il cane, né tanto meno addestrarlo (cioè insegnargli a eseguire dei comandi). Un cane ha bisogno di esprimere se stesso, fare le esperienze giuste che possano forgiare il suo carattere, imparando così a vivere serenamente nel contesto in cui abita. Il percorso sarà quindi diverso a seconda del cane, della famiglia che lo accoglie, dell’ambiente di vita.
Una famiglia potrà avere esigenza di portare il cane in vacanza, un’altra potrà invece chiedere di portare il cane in ufficio, alcune avranno figli piccoli, altre no.
Le richieste possono essere infinite e, sempre che rispettino il benessere del cane, costruire le competenze che servono per vivere bene quelle esperienze sono quelle a cui puntare in un percorso di educazione. La famiglia andrà formata perché impari a capire, conoscere e comunicare con il cane, intendo quel singolo individuo, non tutti i cani del mondo, o quelli che hanno avuto prima. Il cane vivrà con loro, non ha alcun senso che io prenda il cane, lo addestri e poi lo riconsegni.

Comportamenti socialmente inadatti: lavoro sulla base del problema, non sull’inibizione

Quando un cane mostra comportamenti “socialmente inadatti” come aggredire cani, persone, rincorrere i ciclisti etc, la chiave non è inibire il comportamento. Decine di anni fa, quando poco o niente si sapeva della mente del cane, quando il cane non era un membro della famiglia, ma uno strumento, il punto era: il cane deve fare quello che dico io.

Nel tempo però la concezione del cane è cambiata, adesso è un membro della famiglia e (si spera) le persone vogliono che sia felice; inoltre, la scienza ci ha aiutato (almeno per chi di noi si informa e si forma) a capire che la mente del cane è complessa (fino a non troppo tempo fa si pensava addirittura che il cane non provasse dolore); ciascun cane è un individuo unico, perché unico il suo DNA e le sue esperienze di vita. Perciò non tutti i cani (nemmeno se appartenenti alla stessa razza) sono uguali.
Altrettanto diverse sono le persone e le loro esigenze, e ancora più unica la combinazione tra quelle persone e quel cane.

Se un cane abbaia o ringhia o tenta di mordere le persone, la prima cosa che un buon educatore deve fare è chiedersi il perché. Un cane potrebbe agire in questo modo perché ha paura, oppure perché è territoriale, o altre mille ragioni: è lì che bisogna agire.
La risposta non dovrebbe mai essere inibire quel comportamento; se lo punisco ogni volta che il cane lo fa, potrebbe anche essere che il cane non metta più in atto quel comportamento, ma abbiamo risolto solo una piccola parte del problema, cioè l’espressione di un’emozione negativa, la punta dell’iceberg diciamo. Forse qualcuno sarà soddisfatto perché così facendo le persone possono continuare a fare quel che facevano senza che il cane minacci le persone, ma il cane continuerà ad avere paura (o a essere territoriale, etc) e assai probabilmente troverà un altro modo per esprimere questa paura.

Un altro esempio è il ringhio a causa di un contatto indesiderato: se un cane che viene toccato e non vuole, ringhia; se lo punisco per il ringhio, il cane capirà presto che non deve ringhiare, ma siccome continua a non gradire il contatto, molto probabilmente prima o poi morderà chi lo tocca (senza nemmeno avvisare, cioè senza ringhiare): abbiamo peggiorato le cose.

L’ottica, quindi, non deve focalizzarsi su cosa la persona desidera (che il cane si faccia toccare senza protestare), ma perché il cane non ama farsi toccare? In base alla risposta, lavoreremo su questo per aiutare il cane a tollerare meglio il contatto (quando necessario, rispettando poi d’altro canto che se quel cane non ama essere toccato da tutti, non lo costringeremo a subire questa pratica non necessaria). Ad esempio, reagisce così perché ha paura degli estranei? Possiamo lavorare perché abbia meno paura e magari imparerà addirittura ad apprezzare il contatto.

Accettazione

L’accettazione del cane da parte della famiglia è un passo fondamentale: come detto, non tutti i cani sono uguali e, nei limiti che la società impone, vanno rispettati. Se al mio cane non piacciono i bambini eviterò di portarlo in mezzo a loro e farlo accarezzare. Perché dovrei? Perché voglio un cane socievole con i bambini? Il cane non è un robot che io programmo a mio piacimento, è un individuo e come tale va rispettato, nei limiti di una serena convivenza. Non sto dicendo, ovviamente, che se un cane aggredisce le persone, pur di rispettarlo, lascio che lo faccia, ma per prima cosa mi chiedo cosa ci sia sotto a quest’avversione, che comunque mi fornisce un’indicazione di disagio. Lavorando all’origine del problema farò sì che il cane stia meglio e le persone non vengano aggredite, risolvendo due cose in modo completo.

Di nuovo, se a un cane che aggredisce le persone io inibisco il comportamento punendolo e ordinando al cane di stare al mio piede, non solo non avrò aiutato il cane a superare il suo disagio, ma cosa succederà il giorno in cui sarò distratto? Potrò mai fare una passeggiata in libertà col rischio di incontrare altre persone (senza he il cane stia al piede tutto il tempo)? In questo modo il cane dipende dalle nostre indicazioni, è incapace di gestire la situazione senza combinare guai.

Se il mio cane aggredisce gli altri cani, non risolvo il problema insegnandogli a stare a terra con altri cani che gli passano a fianco: ha imparato a relazionarsi in modo equilibrato con loro? No, ha solo imparato a obbedire al mio ordine di restare immobile e ignorarli.

Questo non è risolvere il problema, è metterci una pezza.

Lascia un commento