CANE OBBEDIENTE O CANE EDUCATO?

Sento spesso richiedere dai proprietari di cani che si affacciano al mondo della cinofilia, rivolgendosi a professionisti vari, che vorrebbero un cane “obbediente”.

Quando poi però si spiega la differenza tra obbediente ed educato e si chiede “vuole quindi un cane obbediente o educato?” dicono “allora vorrei un cane educato”.

Educare infatti, viene dal latino ex-ducere e significa condurre fuori, quindi fare emergere; l’educazione è fare emergere le qualità del cane, le sue caratteristiche intrinseche, il suo potenziale.

Obbedire viene sempre dal latino ob-audere e significaascoltare dinnanzi, quindi prestare ascolto, cioè fare quello che chi è davanti sta dicendo.

Il cane, come ormai sappiamo, vive accanto all’uomo da molti millenni, ma negli ultimi decenni il mondo è cambiato moltissimo e al cane è richiesto sempre più di adattarsi a abitudini, ambienti, circostanze diverse e per niente affini alla loro natura. Ce li trasciniamo dietro in questo tornado di impegni, scadenze, attività, che è la nostra routine quotidiana, oppure chiediamo loro di aspettare e aspettare, finché non avremo finalmente del tempo da dedicare loro. Una cosa è certa: chiediamo loro di adattarsi a noi, ma non siamo molto disposti a fare il contrario per il piacere di vivere con una specie diversa.

Quando ci si trova con un cane in famiglia, sempre più l’idea è di poterlo portare ovunque per stare con lui anche mentre facciamo le cose da umani, come shopping, aperitivi, cene, etc. (questo avviene sempre per il fatto che non vogliamo rinunciare alle nostre cose “da umani” per stare con lui, ma lui ha bisogno di tempo con noi, quindi semplicemente uniamo le due cose); per poter fare ciò il nostro cane deve essere molto versatile, perché deve sapere restare a casa mentre io sono al lavoro, ma anche sapersi comportare correttamente in un luogo affollato, non andare a caccia quando lo porto nel bosco, non marcare il territorio se siamo in albergo; deve fare la guardia quando siamo a casa, ma accogliere gli amici quando io li invito. Insomma, certe caratteristiche tipiche della specie canina, come proteggere il territorio, andare a caccia, proteggere il branco, ci vanno bene a intermittenza. Quello che succede quindi è che tendiamo a controllare il cane in maniera compulsiva, pensando di sapere sempre noi cosa sia giusto fare, quindi quando siamo al bar, chiediamo “terra”, quando siamo nel bosco e passa qualcuno chiediamo “piede”, quando passa un cane “stand” e così via, sbrodolando una serie infinita di comandi che dicono al cane cosa deve fare (e naturalmente riprendendolo quando fa qualcosa che non è ciò che ho chiesto).

Se un cane fosse così “robotizzato” da obbedire sempre a ogni comando che diamo, sarebbe davvero il cane più obbediente del mondo. Farebbe felici i proprietari? Forse, soprattutto quelli che non hanno mai riflettuto sul fatto che il cane ha una personalità sua, un carattere, un temperamento, un’indole; non è una macchina da programmare perché faccia solo e sempre quello che voglio io. Qualunque essere vivente che venga cresciuto senza alcuna libertà d’azione, ma solo potendo svolgere azioni richieste, sarebbe profondamente frustrato, incapace di svolgere qualunque attività in autonomia, di essere indipendente, di fare delle scelte, di sapere quale sia il comportamento da adottare in certe situazioni e anche perché no, di dimostrarci che sa da solo come comportarci senza bisogno che glielo diciamo noi. Questa è l’educazione, fare emergere le capacità del cane in modo che lui, autonomamente, sappia scegliere la condotta da tenere a seconda della circostanza, sia che io sia presente o no.

Al di là della scelta personale di crescere un cane con la sola possibilità di obbedire a dei comandi, il punto è anche: noi siamo 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno con il nostro cane? Siamo, oltre che fisicamente presenti, sempre con gli occhi su di lui per dirgli cosa fare? Perché quella volta che il cane non è vicino a noi, saprà comportarsi nella maniera opportuna? E saremo mai certi che non prevarrà l’istinto, qualche volta, di allontanarsi inseguendo un cane, un gatto o un coniglio, o di mangiarsi il divano quando è a casa da solo?

Anche dal punto di vista della mente del cane, mantenendolo sempre sotto stretto controllo e contenimento, egli si crederà incapace, non si sentirà in grado di affrontare da solo certe situazioni, con il rischio che, oltre a sviluppare problemi di distacco (ansia da separazione, iper-attaccamento, paura dell’abbandono) si troverà in ansia quando non avrà qualcuno che gli dica cosa deve fare e preso dall’incertezza e dall’ansia, farà probabilmente la scelta sbagliata.

Se io educo un cane a rapportarsi con gli altri senza timore, ad esempio, lui avrà delle competenze che potrà usare in ogni circostanza e che gli torneranno utili anche qualora la situazione non sarà esattamente sotto il controllo dell’umano. Questa come altre sono le competenze che un cane ben educato può imparare a padroneggiare, come sapere come ci si relaziona con le persone amiche o estranee, sapere che quando noi mangiamo lui può rilassarsi nella sua cuccia. Qualche volta il risultato finale cambia poco, in apparenza: avremo comunque due cani sdraiati mentre mangiamo: ma uno sarà andato a cuccia a rilassarsi di sua spontanea volontà, l’altro sarà a terra pronto a scattare, in attesa di sapere cosa gli verrà chiesto dopo, e probabilmente a “terra” ci sarà andato anche con un po’ di timore perché gli sarà stato ordinato.

Io personalmente trovo più etico cercare di lasciare che il cane si esprima, aiutandolo certo a comprendere il mondo e a non averne timore, ad avere rispetto per gli altri, a ignorare le cose che non piacciono e a lasciargli spazio per dimostrare che da solo sa cosa fare, ma anche per sbagliare (nei limiti naturalmente). Il mio cane, come tutti, farà degli errori, e da questi imparerà a farne sempre meno, grazie al feedback che riceverà da me e dall’ambiente. Questo non significa che io non dirò mai al mio cane cosa deve o non deve fare, che non interverrò mai a bloccare un comportamento che non è adeguato perché magari mette in difficoltà qualcun altro o mette in pericolo se stesso o altri. Resta comunque per me diverso utilizzare questo “controllo” in situazioni eccezionali, o sempre. Soprattutto, io chiedo al mio cane di fare qualcosa, non impartisco un ordine come si fa nell’arma militare. Io e il mio cane siamo amici, abbiamo una relazione basata sul rispetto, non una in cui io comando e tu esegui. Da quando “il cane è il migliore amico dell’uomo” è diventata “il cane è un soldato semplice e io il colonnello?”

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